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DECIMA PUNTATA

Succede, quindi, che mi ritrovo seduta su una panchina di ferro che sta sotto al portico e guardo, da distanza di sicurezza, questi pavoni colorati che sono molto più grandi di quanto uno si immagini.
Sento dei passi e mi volto per vedere arrivare l’Anziana Signora di prima, quella che ci ha fatto entrare in questa strana casa.
Insieme guardiamo per alcuni minuti questi bizzarri animali e poi lei rompe il silenzio:
“Ti ho portato una tazza di tè, cara, sono sicura che ti farà sentire meglio.”
Allora non sono la prima ad aver avuto bisogno di un po’ d’aria fresca dopo il colloquio con il Dottore! Confortante. Oppure no?
“Meravigliose creature, vero? Ne abbiamo sempre avute, almeno da quando ne ho memoria io.”
“Davvero? Ma quanto vivono?”
“Non saprei, dicono che vivano per circa dieci anni. Alcuni di questi che vedi ne hanno quasi nove, se ricordo bene.”
“Quindi fra un anno…?”
“Fra un anno cosa, mia cara?”
L’Anziana Signora spalanca gli occhi e mi guarda stupita, poi prosegue:
“I miei pavoni sono animali straordinari, sono esseri unici, diversi l’uno dall’altro. Credi davvero che io badi a quello che si dice, a quello che sta scritto sui libri? Io mi prenderò cura di loro ogni giorno, come ho sempre fatto, senza contare gli anni che passano e senza avere paura di quello che succederà domani perché, lascia che ti sveli un segreto mia cara, il domani non esiste e di sicuro non vale la pena avere paura di qualcosa che non esiste, vero?
Oggi, ora, io e te siamo qua, sedute su questa panchina (a cui di sicuro serve un morbido cuscino perché è troppo scomoda) a bere un po’ di tè caldo e a godere dei colori della natura. Non c’è nient’altro che abbia importanza, non credi?”

Mi ci vuole un sorso di questa terapeutica bevanda bollente, e poi:
“Io non saprei, davvero. Vorrei che fosse così ma, sa, ho un po’ paura di quello che potrà succedere quando ci alzeremo da questa panchina (a cui serve un cuscino, ha ragione) e io dovrò tornare dentro a sentire come sarà la mia vita d'ora in poi.”
“Cara, sei qua a fare una visita da un semplice medico, non una seduta da una chiromante per farti leggere il futuro! Qualunque cosa ti verrà detta in quello studio sarà solo una supposizione, una congettura frutto, probabilmente, di statistiche ed esperienze passate. Non lasciare mai che ti dicano come sarà il tuo domani perché, mia cara, nessuno lo può sapere.”
Allora chiudo gli occhi, faccio un respiro profondo e credo, con tutta me stessa, a queste parole pronunciate da un’Anziana Signora che alleva pavoni e vive con un tizio che ama gli insetti.
A questo punto immagino che dovrei avere il coraggio di rientrare dal Mio Ometto e dal Mio Dottore e affrontare tutto quello che, di solito, segue alla diagnosi: esami più specifici, piano terapeutico e suggerimenti vari per uno stile di vita migliore.
In realtà mi manca qualcosa: non ha a che fare con il futuro, incerto e confuso, che mi aspetta e non non c’entra nemmeno con il mio presente, doloroso e difficile.
Quello che mi manca è legato al passato: io voglio sapere come e perché è entrato un insetto nel mio sangue! (in realtà di quelle bestioline ne ho milioni, hanno formato delle colonie e si riproducono come conigli, lo so, lo so.)
Ma non lo posso chiedere all’Anziana Signora perché sembra ferrata solo sul tema: “Non c’è futuro, cogli l’attimo” e non credo che nell’osservazione dei pavoni ci siano tutte le risposte che voglio adesso, quindi, direi che sono finalmente pronta per rientrare e chiedere:
“Scusi ma perché mi sono ammalata? E’ colpa mia? Dove ho sbagliato?”
“Non si tratta di avere colpe, è più una questione di momento, anzi, di perdita del momento.”
Il Mio Ometto annuisce mentre vengono pronunciate queste incomprensibili parole.

“Siediti un attimo, il Dottore mi ha spiegato alcune cose mentri eri fuori.”

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