NONA PUNTATA

Credo di essere rimasta a bocca aperta e di aver trattenuto il fiato per svariati minuti per poi darmi una sana scrollata:
“Lei mi sta dicendo che questa bestia mi ha punto e che ora sto male?”
“No, no, assolutamente no!”
Menomale, di nuovo.
“Questo insetto lei ce l’ha nel sangue, bè a dire il vero oramai ne avrà milioni ma questi sono solo dettagli, non perdiamo di vista il vero problema.”
Ah certo perché il vero problema non è avere milioni di cloni di questa insulsa bestia ripugnante che mi scorrono nel sangue in questo momento, il problema è un altro, scema io che non ci ho pensato.
“Quello di cui stiamo parlando è la malattia che ne deriva, la patologia di cui soffre lei e per la quale è venuta da me.”
Allora mi sa che è arrivato il momento di farmi tutto un coraggio e di ascoltare quello che ha da dirmi questo tizio col camice da gelataio che guarda con occhi innamorati la fotografia di un insetto brutto e schifoso.
“Innanzitutto il nome, è buona educazione fare le presentazioni: la sua malattia si chiama U.C.T.D.”
“Uccittiddì? E cosa vuol dire?”
“E’ un acronimo, una sigla.”
So cos’è un acronimo e personalmente li odio. (ma non glielo dico, non vorrei mostrarmi troppo intollerante oltre alla faccia schifata che ho già fatto alla vista dell’insetto malefico)
“Bene, abbiamo un nome, è un inizio: se non altro significa che è una malattia conosciuta, studiata e che probabilmente c’è una cura. Vero?”
Chiede il Mio Ometto Speranzoso.
“Io userei più il termine “trattabile” che “curabile”, rende più l’idea della cronicità della patologia. Ve l’avevo detto che è cronica, vero?”
Sì, sì, grazie e magari se non me lo ripete ogni due secondi è anche meglio.
“Sì questo l’avevamo capito, ma ci sono tante altre cose da chiarire. Per esempio: cosa vuol dire esattamente U.C.T.D.?”
Il Mio Ometto si fa intraprendente.
“Dipende.”
Questa me la deve spiegare.
Anzi no, ad alta voce: “Scusi sa ma questa me la deve spiegare!”
“Il significato cambia a seconda della condizione del paziente e dello stadio della malattia. Nel suo caso direi: Unica Cura Tanta Dedizione. Ma mi creda, ci sono persone che arrivano qui già in fase: Urge Chiedere Telefonata Dio e non possiamo fare poi molto.”
Quindi mi è andata bene, giusto?
“Non so, faccia lei. Direi piuttosto che è il caso di passare subito alla fase successiva: Una Continua Trafila Diagnostica, per avere un quadro più preciso della situazione e per ricavare una conta delle colonie.”
Un brivido di orrore mi scorre addosso: ma ti pare che voglio sapere quante bestie pelose e schifose mi stanno infestando il sangue? Ma ti pare?
“Scusatemi ma ho bisogno di un po’ d’aria fresca.”
Mi manca il coraggio, lo ammetto, e poi ci sono dei pavoni fuori in giardino che in questo momento mi fanno meno paura, ma molta meno paura, di quella bestia che, apparentemente, mi scorre nelle vene.

2 commenti:

Quanto detesto gli acronimi... soprattutto quando non li conosco... s'innesca nella mia mente avida di saperi un meccanismo d'interrogativi a catena... mi perdo già in mille riflessioni quando leggo e/o ascolto qualcosa... a figurarsi quando trovo termini sconosciuti... lucie

27 luglio, 2009  

poi succede che un giorno sei costretta ad entrare in mondo sconosciuto e tutti questi termini e nuove regole devi farle diventare familiari e quotidiane.
questione di adattamento, credo.

La Zia Flessibile.

28 luglio, 2009  

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