QUINTA PUNTATA

VIA DEGLI ALBERI N°5
Dott. Ugo Carlo Tarlo Drosofila
- ENTOMOLOGO –

La targa è ovale, d’oro e posizionata su una colonnina, esattamente sotto al campanello.
“Ma che nome è Carlo Tarlo?” chiedo infastidita.
“Particolare, direi. Suoniamo?”
“Anche no.”
“Cosa vuol dire anche no? Non cominciare!”

Eccoci qua noi due, in piedi davanti al campanello, tremiamo un po’, lo sento, un po’ dal freddo perché siamo in mezzo ad un bosco e non filtra nemmeno un raggio di sole e un po’ dalla paura di quello che ci aspetta.
Suona tu, no suono io, no dai suona tu, smettiamola tanto ho già suonato e il cancello si apre.
Mi guardo intorno e vedo tutto questo: la casa ha tre piani, sembra altissima, è bianca con gli infissi color glicine e varie torrette da cui esce un sottile fumo nero (ma quanti caminetti hanno?).
La facciata è quasi del tutto occupata da un porticato di colonne avvolte da un’edera verde e rigogliosa mentre alle finestre troneggiano cascate di gerani (sento già la voce di mia madre: hai chiesto che fertilizzante usano?)
La porta d’ingresso è bianca e massiccia ma quello che mi colpisce è l’enorme lampadario che pende dal soffitto del portico: è molto elaborato e color oro come le maniglie dei serramenti, ne vorrei uno a casa mia. (mentalmente annotato)
Il vialetto che conduce all’ingresso è piastrellato e l’erba che lo costeggia è bassa e molto curata, c’è un profumo fresco di prato appena rasato; ci sono aiuole colorate un po’ ovunque, ognuna circondata da una sottile recinzione verde.
Siamo immersi nell’osservazione di questo piccolo angolo di paradiso quando scorgo, in fondo al giardino, un movimento e un’ombra:
“Ho visto qualcosa muoversi! Hanno un cane! Oddio corriamo dentro! Ma il cartello non c’era?”
Nel giro di pochi attimi sono già alla porta d’ingresso e, presa dal panico, sto tentando di forzare la maniglia ed aprirla.
Mi giro un istante a cercare conforto e protezione nel Mio Accompagnatore e lo vedo beato e pacifico, con i piedi immersi nel soffice tappeto d’erba, ad indicare qualcosa a sinistra del porticato:
“Vieni, è bellissimo.”
“E’ un cane, so già come è fatto. Se fai così poi ti viene vicino, per l’amor di Dio!”

“Non è un cane, vieni qua dove sono io: è bellissimo ti dico.”
Faccio pochi passi, calpesto anche io il praticello così ben curato e con lo sguardo seguo la direzione indicata: quello che vediamo è davvero bellissimo ed è anche insolito, surreale, quasi fiabesco.
Davanti a noi c’è un pavone: cammina dentro un recinto e la poca luce che filtra tra gli alberi riflette sul piumaggio di mille colori e sulla ruota che si porta orgogliosamente dietro come un trofeo.
E’ enorme, non so perché ma non me lo immaginavo così grande e imponente, a dire il vero fa un po’ timore.
O forse quello che ci inquieta di più è il fatto che di pavoni ce ne sono due, anzi tre, no, no, ce ne sono sei!
“Siamo nel giardino di un tizio che ama gli insetti e ha una casa con almeno cento caminetti più un recinto con sei pavoni. Mi porti via per favore?”
Piagnucolo aggrappandomi al braccio del Mio Prode Eroe.
Troppo tardi:
“Buonasera, vi stavamo aspettando. Accomodatevi pure!”
Una dolce vecchietta in ciabatte e grembiule da cucina è sulla soglia di casa e ci fa cenno di entrare.
Come rifiutare?

2 commenti:

Va quasi sfumandosi la paura dell'incontro con l'entomologo... misterioso il potere di questo piccolo angolo di paradiso...
lucie

20 luglio, 2009  

l'effetto di sei pavoni su una povera Zia spaventata...

20 luglio, 2009  

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