VENTINOVESIMA PUNTATA

Ah che gioia, ora che un bel ragazzo mi ha detto che ho la carnagione di un Visitor non posso proprio lamentarmi.
O invece sì?
La ragazza dai mille orecchini nota il mio disagio e si avvicina:
"Non hai portato niente di utile, lo sai vero? A parte le frittelle intendo. A parte quelle, ovviamente! Non fare quella faccia, scherzavo! Sono felice di rivederti anche se si direbbe che tu non abbia avuto una notte tranquilla. Vorrei dirti che sono cose che passano ma, ahimè, più che altro ci si abitua a stare male, direi."

Ehilà, abbiamo qui una campionessa in conforto ed empatia, che fortuna!

"Scusa se sono così brutale e sincera ma non mi piacciono i giri di parole."

Peccato, io invece ADORO i giri di parole, fanno così bene all'anima.

"Se qualcuno fosse stato così sincero con me fin dall'inizio forse avrei fatto meno errori, avrei perso meno tempo." mi racconta, mentre si siede su un vecchio divano e mi fa cenno di sistemarmi vicino a lei.
"Quando stavo male e non sapevo ancora cosa avevo, pensavo che sarebbe passato tutto, prima o poi; bastava aspettare e ignorare il problema, così mi dicevo e così mi dicevano gli altri. Mio marito, soprattutto, pensava che mi lamentassi per niente ed aspettava che, da un momento all'altro, io tornassi in me e la smettessi di frignare. Sono divorziata, comunque. Non volevo rovinarti il finale della love story ma ci tenevo a puntualizzare da subito. Molto salutare, te lo consiglio. (divorziare, non puntualizzare.)
Così ho perso mesi a far finta di stare bene e a far felici tutti tranne me. Poi un giorno mio marito, sempre lui il bastardo, è partito per un week-end in montagna e mi ha mollato a casa, piena di dolori e bloccata a letto. Ecco lì mi è venuto un po' di nervoso, non molto ma abbastanza da prendere il telefono e chiamare i miei per cercare conforto. Non è stata una grande idea, te lo dico subito. Scusa, rovino sempre le storie raccontando il finale.
Comunque sia, mia madre era della ferma opinione che i dolori fossero tutta una scusa e che avrei fatto meglio a raggiungere mio marito in montagna prima di perderlo definitivamente.
Mio padre, invece, mi faceva notare come fosse sciocco perdere un'intera giornata a letto per un banale mal di schiena. Mi sono fatta altre due settimane di dolore acuto e costante grazie a questa telefonata, prima di andare dal medico."
Ascolto il racconto di questa bella ragazza dai mille orecchini e mi rendo conto che ho la bocca spalancata e gli occhi lucidi dalla commozione.
"E' il cortisone, sai."
Mi fa lei.
"Quello che ti fa venire le lacrime, che ti rende così emotiva. O è quello o la mia vita è davvero triste!"
Mi dice ridendo e indicando la mia faccia.
"Se vuoi, smetto di raccontare. Scegli tu."
"Va' avanti." balbetto.
"Dov'eravamo rimasti? Ah sì: quei perditempo dei miei familiari! ovviamente hanno voluto metter bocca anche sulla scelta del medico e così...il primo era proprio un pirla: me lo ricordo bene, non mi ha nemmeno visitata. E il secondo? Ah il secondo! Quello mi ha tanto smaneggiata che non riuscivo più a camminare. Del terzo ricordo solo le mani ghiacciate. O era il quarto?"
"Oddio, ma quanti ne hai visti?" le chiedo incredula.
"Una decina, ragazza, almeno una decina."
"E poi alla fine?"
"Poi, alla fine, anche io ho trovato il mio Esimio Entomologo che mi ha dato la terapia e, dopo qualche tempo, sono cominciate le nottate in balìa delle onde. Per fortuna ora sono sola e posso lamentarmi quanto voglio quando sto male, senza disturbare nessuno. Ho tagliato i ponti un po' con tutti, sai, ho eliminato le zavorre, come si dice. Meglio così, non ti pare? Molto meglio così."
Deglutisco.
"Sì, certo, molto meglio. Figurati! Molto...meglio."
Ho gli occhi sbarrati e non riesco ad avere un'espressione coerente con quello che le ho appena detto.
Dai, sforzati, inarca gli angoli della bocca, stringi un po' gli occhi e cerca di annuire.
"Ero sicura che avresti capito!" Mi dice lei.
Sono brava a fingere.
Mentre la guardo addentare una frittella faccio una nota mentale:
Ricordarsi di riabbracciare forte l'Ometto, ringraziarlo di essere così e assaporare fino in fondo la certezza di essere tanto, ma tanto, fortunata.

VENTOTTESIMA PUNTATA

La telefonata all'Esimio Entomologo non è che sia stata poi così risolutiva: mi sono guadagnata solo un paio di pastiglie in più da inserire nel menage quotidiano ed un'inutile pacca sulla spalla via etere. Capirai.
Allora forse è il caso di chiedere aiuto a chi ne sa più di me.
Nella mano sinistra stringo il biglietto che devo timbrare mentre alla destra è agganciata la mia borsa degli attrezzi.
Ci ho messo varie cose, qualcuno oserebbe chiamarle cianfrusaglie: per cominciare mi sono portata cinque o sei aghi bruciacchiati il cui unico scopo finora è stato quello di aiutarmi a stanare le microspine che mi si conficcano nei polpastrelli.
Visto che non sapevo proprio dove mettere questi aghi ho anche comprato un puntaspilli a forma di bambolina voodoo che ha una straordinaria quanto inquietante somiglianza con quel maleducato del mio vicino di casa. (Mi ci diverto, oh come mi ci diverto!)
Nel borsone ho buttato anche qualche pezzo di stoffa preso qua e là (Chissà quanto ci mette l'Ometto ad accorgersi delle maniche mancanti nelle sue camicie. Chissà.), tanto filo colorato, aggrovigliato e quindi del tutto inutile, qualche foglio di carta e un mucchio di matite colorate. (senza punta).
Non è un granché come scorta di attrezzi ma più di così non so fare, bisogna che si accontentino di questo e della trentina di frittelle alle mele che ho portato per dare un senso alla mia presenza.
L'Autista è sempre lo stesso: chiacchierone, impiccione, saccente ma rassicurante.
Ad ogni viaggio prende sempre più confidenza e sembra abbia fatto il calcolo delle volte in cui ci siamo visti perchè ha intuito da quanto prendo le medicine e sa già, senza che io glielo dica, che ho avuto i primi effetti collaterali.
"Stai seduta qua davanti, vicino a me e guarda dritto così ti fa meno nausea." Suggerisce.
(Ma va, pensavo invece di mettermi in ultima fila a testa in giù con gli occhi chiusi.)
"Porta sempre con te un po' di liquirizia, mi raccomando!" Insiste.
(Secondo te la rotella di filo nero che mastico e che mi pende dalla bocca è bava di Troll?)
"Ah e poi una cosa che forse non sai: bevi tanta acqua, aiuta a smaltire meglio il farmaco."
(Ti risponderei, caro il mio Acuto Osservatore, ma voglio finire di bere la mia bottiglia da un litro e mezzo.)

Arrivo alla mia fermata che sono già stanca, se non altro delle chiacchiere di chi mi sta accanto, ma ormai sono qua e così: spalle dritte, mento in alto, sorriso da ebete ed entro.
La stanza è invasa da un allegro chiacchiericcio e riconosco subito alcuni simpatici elementi:
la golosona con la tuta fluorescente e i baffi di zucchero, la dolce ragazza biondo platino dai mille orecchini e un bel tipo con gli occhi azzurri che le altre volte mi osservava da lontano.
Mi vengono subito incontro e nel giro di due secondi ho perso di vista le mie frittelle, c'è qualcuno che rovista nel mio borsone e il mio nuovo amico bello mi prende il viso tra le mani:
"Colorito verdastro, labbra blu, sguardo stanco...fammi indovinare: traversata notturna con mare in tempesta?"
Oddio: si vede tanto?

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