VENTISETTESIMA PUNTATA

La notte in mezzo al mare è buia e silenziosa: si dorme bene, dolcemente cullati dalle onde, quasi sempre.
Ma stavolta è diverso: il mare è così calmo e piatto che non riesco a prender sonno perchè, in fondo al cuore, sento che c'è qualcosa che non va.
Allora mi giro su un fianco cercando di tenere gli occhi ben chiusi e facendo respiri profondi e regolari: così voglio ingannare la mia mente e mettermi a dormire.
E' un attimo e sento, sotto di me, che la vasta distesa d'acqua su cui poggia l'imbarcazione comincia a dare segni di vita, allora d'istinto apro gli occhi e scruto la stanza ma è ancora buio e c'è ancora silenzio.
Non faccio in tempo ad abbassare le palpebre che sento una spinta dal fianco sinistro, violenta e improvvisa, che mi catapulta giù dal letto.
E' l'inizio della tempesta.
Subito scorgo accecanti lampi all'orizzonte e, scioccamente, mi alzo in piedi senza reggermi ad un appiglio così la seconda onda, più cattiva e subdola, mi colpisce e mi rimette al mio posto: sul pavimento duro e freddo.
Non ho ancora ben capito cosa succede ma riesco ad aggrapparmi al letto e ci risalgo, stando ben attenta a non mollare la presa quando sento arriva una terza, quarta, quinta mareggiata che mi sbatte contro lo schienale, cozzo contro lo spigolo del comodino e rovescio un bicchiere d'acqua.
Lo stomaco mi sta uscendo dalla bocca e rimpiango amaramente ogni cibo mangiato negli ultimi trent'anni.
Il comò su cui poggiano i miei libri viene sballottato da una parte all'altra della stanza e ormai anche il resto della mobilia è in balìa delle furiose acque:
"MOZZOOOOOO, MOZZOOOOO"
urlo disperata alla ricerca di un aiuto.
Ma non risponde nessuno e il mare, in tempesta, mi travolge.
L'ultima ondata mi ha lasciato fradicia e tremante aggrappata all'invisibile palo.
Non v'è cenno di quiete o pace: non faccio in tempo a riposare il mio stanco corpo, che subito le mareggiate mi assalgono e mi sconquassano.
Ormai sono stremata e vorrei quasi mollare la presa ma tengo duro perchè vedo, in lontananza, un lembo di terra su cui, ne sono sicura, riuscirò a poggiare piede appena si fa mattina.
Allora sopporto anche gli ultimi durissimi colpi del mare e provo a chiamare ancora aiuto, trattenendo dentro di me, con forza e tenacia, quel che resta del mio massacrato stomaco.
"MOZZOOOOOO, MOZZOOOOO"
E lui arriva, armato di pezze bagnate, medicamenti miracolosi e proposte indecenti:
"Forse è il caso di chiamare l'Esimio Entomologo."
e così...

"Pronto, Dottore?"
"Sì? Mi dica!"
"La terapia mi dà qualche effetto collaterale..."
"E' cominciata la nausea?"
"A occhio e croce direi di sì."

STAND-BY

Mi ritrovo, da quasi una settimana, aggrappata con tutte le mie forze all'invisibile palo che spunta in camera mia un paio d'ore dopo la puntura.
Il mare è in burrasca e non vi sono cenni di miglioramento, i marinai propongono inutili soluzioni come blande tisane erbacee o noiosissimi riposini pomeridiani (ma uno come fa a riposare aggrappato all'invisibile palo? mah...) mentre la febbre sale e le forze cedono.

Insomma io non sono in formissima ma appena va meglio vengo qua a postare e a raccontarvi di quella volta che avvistammo terra e chiamammo l'Esimio Entomologo...

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